Per una Primavera nel Sociale

A Grottaferrata il Primo Maggio abbiamo vissuto una Festa del Lavoro che avremmo potuto cinicamente chiamare Festa della Disoccupazione per i giovani senza futuro, perché non occupati, 42 per cento in Italia con punte del 60 al Sud.

Dobbiamo tutti reagire.

Noi del Terzo Settore resistiamo alla crisi come possiamo con le nostre opere sociali, ma siamo sempre più al limite. Dobbiamo fare anche noi ammenda della colpa di esserci spesso sottomessi al potere, frammentandoci tra noi, per cercare di sopravvivere nei nostri servizi. In tale clima le nostre opere rischiano di spegnersi nella loro idealità. Prevale l’assistenziale ed i mali sociali che ci circondano si  approfondiscono oltre misura, per la mancanza di coraggio nell’affrontarli.

C’è oggi una vastità e profondità dei Mali sconcertante e se ne registra una crescita sconcertante, dal femminicidio alla droga sempre più accessibile, all’alta dispersione scolastica, ai minori non accompagnati che scompaiono, agli anziani soli, agli immigrati non accolti. I mali stanno assumendo il volto del disagio planetario, i grandi problemi, la fame, la povertà, non vengono affrontati in un sistema malato di immobilismo. A pagare sono tanti innocenti: i 100 milioni di bambini di strada, i bambini soldato, le vittime del turismo sessuale, del vile commercio degli organi, della schiavitù.

Tutti mali che denunciano la crisi dell’Occidente, della sua cultura individualistica, del “soggetto artefice del suo destino” che ha sconfinato nel puro egoismo, nella sete di potere smodata e, se non altro, nella soggezione al consumismo e al denaro. Tutti ne siamo travolti, non solo i poveri, ma anche la classe media, per cui si diffonde sfiducia nel futuro, nel cambiamento possibile. Ed i giovani che non studiano e non cercano lavoro sono arrivati a 3 milioni. Tutti oggi poveri di Speranza.

Bisogna resistere, ci diciamo nel Terzo Settore. Ma come? La forza dove la prendiamo?

Ecco, dobbiamo rilanciare il riscatto dei poveri sempre più numerosi ed emarginati, partendo da essi. Con noi che dobbiamo condividerli nella loro condizione. Rilanciare con loro il cambiamento, dal basso, unendo le forze della speranza ancora possibile, quelle dei giovani che reagiscono, a quelle che sempre i poveri hanno nel riscattare la loro condizione, se si dà loro una mano.

Si impone allora una nuova Primavera del Sociale! Ed anche il Movimento di Capodarco, quel Capodarco frammentato che oggi ancora c’è e resiste, va impegnato ad approfondire e rilanciare la sua missione, che è stata grande nel passato.

La storia sociale ci ha visto protagonisti, quando dal 1968 in poi presero corpo leggi rivoluzionarie. Noi di Capodarco, pionieri di un sociale innovativo, in una grande stagione di impegno dei giovani con noi, a promuovere l’integrazione scolastica dei disabili, il servizio civile degli obiettori alla leva militare, l’impegno degli enti locali nel sociale, la riforma sanitaria e quella psichiatrica. Alla riforma sanitaria del 1978 doveva seguire quella sociale per essere efficace. Ma essa arrivò solo nel 2000 e per molti aspetti restò un bel manifesto, perchè ci fu data allo scadere del Governo Prodi e non fu possibile avviarne l’applicazione. Poi venne il berlusconismo, nessuna visione del sociale e la nostra resistenza fu al limite della sopravvivenza.

Il Terzo Settore deve rialzare la testa perché la crisi dell’economia, sempre più finanziarizzata ed impazzita, ha portato allo scempio del sociale, alla stessa negazione dei diritti. E tutti siamo ormai convinti che non è lo sviluppo puro dell’economia che dà diritti. Anzi, è il contrario! E’ dal sociale, perseguito sino in fondo, che può nascere anche una nuova economia. Questa è la lotta che si impone oggi per uscire dall’impasse della inciviltà diffusa, dell’insostenibilità ambientale che ci minaccia, delle disuguaglianze estreme e che toccano tutti, della rovina dell’Uomo negato.

Allora serve un grande empito di ribellione, che unisca il Mondiale al Locale, in una nuova civiltà che parta dal riscatto dei poveri, di tutti i poveri, in una lotta che sarà vincente, perché oggi tutti, ogni cittadino, ogni lavoratore, ogni disoccupato o precario, sa e deve sapere che il suo destino dipende dall’unità con l’altro. Non più l’individuo solo ma la comunità. L’Occidente deve cambiare aprendosi alla cultura comunitaria dell’America Latina, al bisogno dell’Africa, che con la forza della sua vitalità, bussa alle nostre porte, svegliandoci.

Dobbiamo partire da una nuova politica locale, prossima ai problemi, unendo tutte le forze, anche quelle economiche che devono scoprire la responsabilità sociale. Tutte protagoniste di uno sviluppo umano che nasce dal basso. E’ la nuova cultura del welfare comunitario, del territorio coinvolto, della città vivibile, dello sviluppo sostenibile, dell’economia sociale. I giovani, oggi anche essi emarginati, portatori di speranza perché reagiscono, animati dai valori della coerenza, della verità, e dalla passione per la giustizia, si uniscano ai poveri e lottino con loro. Gli adulti non impediscano lo spazio del loro protagonismo.

Un nuovo welfare si impone, dove tutti i diritti, quelli del buon vivere, come oggi Papa Francesco ci ammonisce, siano attuati sino in fondo. Allora il riscatto avrà la sua sicura vittoria, perché Egli, il Cristo, lavora e lotta con noi per una società di giustizia che non potrà non venire, come da Lui promesso.

Una nuova Primavera del Sociale che si sviluppa su tutti i fronti, dal globale al locale, dal Mondo all’Europa, dall’Italia alle nostre città e territori. Tutti protagonisti e uniti idealmente.

Anche noi di Capodarco daremo una mano, ritrovando la passione del passato e la speranza dell’oggi.

Don Franco Monterubbianesi

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